San Gennaro: Il Santo patrono di Napoli

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Il ritono a Napoli ed i primi miacoli

L'arcivescovo di Napoli Alessandro Carafa, ottenne dal fratello Oliviero, abate commendatario dell'abbazia benedettina, il permesso di riportarle a Napoli.
Secondo le leggende, la prima liquefazione avvenne quando il Vescovo incontrò la nutrice Eusebia, che aveva l'ampolla del sangue di San Gennaro conservata.
Il sangue poi non si liquefece finché non ci fu vicino il teschio del Santo. Matilde Serao narra che l'ampolla è custodita in un tabernacolo nel Duomo di Napoli e l'Arcivescovo o il Sindaco ne conserva la chiave, così come per il teschio. Un po' di sangue poi è conservato in Spagna per volere di Carlo III.
Per la festa dell'Assunta del 1389, il partito filo-avignonese indisse grandi festeggiamenti cittadini per accogliere un'ambasceria proveniente da Avignone. Nel corso di quelle manifestazioni, vi fu anche l'esposizione pubblica della reliquia di sangue di San Gennaro.

Sotto la data del 17 agosto, il cronista annota che vi fu una grandissima processione per il miracolo mostrato da Gesù Cristo nel sangue di San Gennaro, conservato in un'ampolla, che si era liquefatto come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo
Dal testo si ricava l'impressione che il fenomeno si verificasse allora per la prima volta. Del resto, la Cronaca di Partenope, precedente di qualche anno, pur ricordando diversi "miraculi" attribuiti alla potenza di San Gennaro, non menziona mai una reliquia di sangue del martire.

Dal 1389 ai giorni nostri

Dal 1389, il culto della reliquia di sangue di San Gennaro, conservata onorevolmente presso la cattedrale di Napoli, si andò intensificando: nel 1425, Loys de Rosa scriveva che il miracolo avveniva spesso, e nel 1440 l'arcivescovo Gaspare de Diano riorganizzava il culto verso il santo martire con un'apposita costituzione liturgica che menzionava il miracolo.
Ed è proprio tra XV e XVI secolo, e non prima, che si comincia a formare la pia quanto fantasiosa leggenda di una liquefazione del sangue di San Gennaro nei pressi di Antignano sulla collina del Vomero, mentre i santi resti venivano traslati da Pozzuoli a Napoli.

Il sangue di San Gennaro è custodito in due balsamari vitrei di piccole dimensioni e di foggia diversa, che una particolarità di manifattura nella strozzatura del collo fa datare ai primi decenni del IV secolo.
La totale assenza di notizie prima del 1389 non consente di dire dove fosse conservata questa reliquia. Ma in via ipotetica non si può escludere che essa venisse custodita, insieme ai resti del cranio, nella chiesa cattedrale fatta costruire dal vescovo Stefano I e dedicata al Salvatore, luogo che fino al XII-XIII secolo fu il centro del culto urbano verso il martire da quando le catacombe extramurarie cominciarono a essere poco sicure.

Il Cardinale Sepe e la teca di San GennaroIl sangue, per liquefarsi, può metterci pochi secondi come mezz'ora o giorni; allora la gente prega perché ha paura della collera di S.Gennaro.
Del miracolo sono state proposte varie spiegazioni, fra le più meritevoli di essere ricordate è quella di Giacomo Albino che spiegò che il sangue di S.Gennaro non era altro che cacao, però non fu difficile ribatterla perché il miracolo avvenne per la prima volta nel 1389 e il cacao fu scoperto in America nel 1492. Ci sono alcune persone anziane che durante il miracolo danno l'avvio alla preghiera per invocare il Santo.
Da molti anni sono sempre gli stessi che hanno il privilegio di vedere il miracolo per primi insieme al Cardinale. Se per esempio il miracolo tarda, questi vecchi lo incitano a compiere il miracolo con parole familiari e fiduciose, anche certe volte irriverenti come "faccia gialluta" perché il teschio è veramente dorato.

Meritano un posto di rilievo quelle preghiere, quelle cantilene che recitano le cosiddette "parenti di San Gennaro". Fanno parte di quel patrimonio etnico e culturale scaturito, nel corso dei secoli, dalla pietà popolare.
Patrimonio che è quanto di più genuino ci abbia trasmesso un'antica tradizione sviluppatasi intorno al culto di San Gennaro. Espressioni semplici e confidenziali, ma ricche di contenuto teologico. Preghiere dialettali da recuperare e assolutamente da non emarginare: sono voce della lingua viva napoletana e pertanto non vanno disprezzate.
Monsignore Perrelli era il tesoriere di S.Gennaro. Benedetto Croce dedicò un libro a Perrelli che per i napoletani significava la stupidità.
Nel Duomo era custodita la benda (orario) con cui avevano bendato S.Gennaro durante i martìri, ma la reliquia è andata perduta.

Nel 1969 per decisione dell'autorità ecclesiastica, il culto di S.Gennaro è divenuto locale e facoltativo. Hanno diviso la sua sorte altri Santi. La stampa ha ricordato che, su incarico del Cardinale Alfonso Castaldo, il prof. Lambertini aveva scoperto che nell'urna dove erano contenute le ossa di S.Gennaro c'erano anche le ossa di altri martiri, però questo non ha scoraggiato i napoletani, ma ha reso la loro fede ancora più intensa.

Le catacombe

Il più antico ritratto del Santo, databile al V secolo d.C, compare nelle catacombe di Capodimonte, a testimonianza che i napoletani avevano molto a cuore San Gennaro.
Queste però non sono le uniche catacombe nella città e dintorni, ma ne esistono anche alcune costituite principalmente da viuzze che ricordano un labirinto, come quelle di S.Vito, S.Eusebio e S.Severo.
Il nucleo principale delle catacombe di S.Gennaro si sviluppò verso la fine del II sec. intorno ad un sepolcro donato alla comunità cristiana napoletana. In questo posto fu sepolto, un secolo dopo, il primo Patrono di Napoli Sant'Agrippino.
Successivamente, sulla sua tomba venne costruita una Basilica che ebbe una rilevante importanza.
Nel 413, il Vescovo di Napoli Giovanni I fece trasportare le spoglie di S.Gennaro nelle catacombe che poi hanno preso il suo nome. Successivamente, il culto di S.Gennaro crebbe, e gli ambienti delle catacombe furono ampliati per permettere di introdurre nuove statue dedicate al Santo Martire.
Intorno alla tomba di S.Gennaro furono fatte varie processioni e tutti i napoletan desideravano di essere sepolti accanto a lui; anche il Vescovo Giovanni I fu sepolto in quel luogo.

Immagini dal passato

Molti furono i miracoli compiuti da S.Gennaro, anche nella tomba: una notte, apparve in sogno a due religiosi che pregavano per la guarigione di una bambina.
Il giorno dopo, i preti raccolsero un po' di polvere dalla sua lapide e la gettarono addosso alla bambina moribonda che all'improvviso riprese il colorito.
Dopo alcuni di questi miracoli, nelle nicchie tombali si diffusero immagini del Santo; una di queste, lo ritraeva mentre da giovane vegliava su due defunte, madre e bambina. Egli era vestito con una tunica bianca e indossava una stoffa su cui era cucito il monogramma di Cristo e alcune parole Sante.

Nel 1973 vennero condotti degli scavi proprio in quel posto, e quell'immagine fu erroneamente attribuita a una donna, e datata intorno al III secolo, ma alcuni studi approfonditi hanno fatto credere che si tratti proprio di S.Gennaro.
Questa è forse la più antica immagine del Santo che abbiamo perché alle sue spalle comparirebbe il Vesuvio. Probabilmente, quest'opera fu eseguita nel 512, quando ci fu una terribile eruzione del Vesuvio.
Anche nell'eruzione del 472 alcune persone si rifugiarono nelle catacombe invocando l'aiuto di S.Gennaro e dedicandogli alcune opere.
Altre immagini del Santo compaiono dall'altra parte delle catacombe; queste sono databili circa del VI sec... Egli è raffigurato insieme a S.Lorenzo, Pietro e paolo mentre porge la corona con le spine a Cristo, mosaico andato perduto.

Le catacombe ebbero una decadenza piuttosto rapida quando nell'832 Sicone fece rapire le spoglie di S.Gennaro riportandole a Benevento. Nell'850 il Vescovo Anastasio I chiese ai benedettini di prendersene cura fondando in quel posto un monastero.

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